mercoledì 3 agosto 2011

Il rapporto del millennio

Nel dare la notizia della pubblicazione del Millennium Ecosystem Assessment, il rapporto di valutazione dell'ecosistema voluto nel 2000 dal segretario dell'Onu Kofi Annan e diffuso dopo quattro anni di lavoro di 1360 esperti della Fao e del Wwf nel marzo 2005, è stata utilizzata una metafora molto calzante: 

"Siamo in bancarotta ecologica e i primi beni iniziano a essere pignorati: negli ultimi venticinque anni abbiamo visto scomparire una foresta di mangrovie su tre e una barriera corallina su cinque; due ecosistemi su tre mostrano segni di declino; il 25 per cento dei mammiferi, il 12 per cento degli uccelli e il 32 per cento degli anfibi sono a rischio di estinzione".

Il quadro è davvero drammatico e il rapporto ha spinto il direttore generale della Fao a parlare di "ipoteca sul futuro" e di "soglie di estinzione di massa".

"Negli ultimi cinquant'anni gli uomini hanno cambiato gli ecosistemi più velocemente ed estensivamente che in ogni periodo comparabile della storia dell'umanità, soprattutto per andare incontro alla rapida crescita della domanda di cibo, acqua, legname, fibre e carburante. Ciò ha provocato una sostanziale e largamente irreversibile perdita in diversità della vita sulla Terra".

Quella che comunemente si definisce biodiversità, ovvero, secondo la definizione data nella conferenza sull'ambiente di Rio de Janeiro del 1992:

"...la variabilità fra tutti gli organismi viventi, inclusi ovviamente, quelli del sottosuolo, dell'aria, gli ecosistemi acquatici e terrestri, marini e i complessi ecologici dei quali loro sono parte; questa include la diversità all'interno della specie, tra specie ed ecosistemi".

La situazione è dovuta principalmente alla massiccia conversione ad uso agricolo della terra: dal 1945 a oggi ci sono state più occupazioni dei suoli che ne due secoli precedenti e oggi i coltivi occupano un quarto della superficie terrestre. Il prelievo dell'acqua rispetto al 1960 é raddoppiato e il 70 per cento del suo uso è destinato all'agricoltura. Sempre dal 1960 l'immissione di nitrati negli ecosistemi è raddoppiata, quella di fosfati triplicata. Dopo il 1985 è stata utilizzata più della metà dei fertilizzanti chimici mai prodotti nella storia dell'uomo; vale a dire dalla loro invenzione a cavallo del XIX e XX secolo.
Dal 1750 la concentrazione nell'atmosfera di diossido di carbonio è aumentata del 32 percento, soprattutto a causa dell'utilizzo di combustibili fossili e dei cambiamenti di destinazione d'uso della terra (per esempio deforestazione).
Approssimativamente il 60 per cento di questo aumento ha avuto luogo a partire dal 1959.
Un tale livello di ingerenza sugli equilibri naturali ha ridotto notevolmente la diversità biologica sul pianeta: negli ultimi cento anni il coefficiente di estinzione delle specie è aumentato di mille volte rispetto alla media registrata nella storia del pianeta. 
La diversità genetica ha subito un declino globale, soprattutto per quanto riguarda le specie coltivate.
Sempre secondo il Millennium Ecosystem Assessment Report questi cambiamenti all'ecosistema 

"... hanno contribuito a netti e sostanziali guadagni in termini di benessere e sviluppo economico, ma questi guadagni hanno prodotto un incremento dei costi in termini di degradazione dei servizi naturali che questi ecosistemi fornivano, aumentando il rischio di cambiamenti non lineari e la crescita della povertà per alcuni gruppi di persone. 
Questi problemi, senza indirizzo e controllo, diminuiranno i benefici che le future generazioni potranno ottenere dagli ecosistemi."

Va detto che uno dei benefici che si ottengono dagli ecosistemi, il più importante e insostituibile è la nutrizione. I cambiamenti più rilevanti sono avvenuti per andare incontro ai bisogni crescenti di cibo e acqua: agricoltura, pesca e raccolta sono state le fasi principali in tutte le strategie di sviluppo.
Dal 1960 al 2000 la popolazione mondiale é raddoppiata mentre la produzione alimentare é cresciuta di due volte e mezzo. 
Oggi nel mondo siamo sei miliardi e la produzione del cibo sarebbe sufficiente per dodici miliardi di persone.
Ma di fronte a questi dati si può forse ancora parlare di "sviluppo"?


C.P.

Nessun commento:

Posta un commento